Nuovi materiali, prodotti originali, piattaforme di nuova generazione che rispondono alle esigenze di clienti sempre esigenti e che contemporaneamente contribuiscono a sviluppare nuove abitudini d’acquisto che siano più sostenibili e attente all’ambiente. Di seguito le storie di quattro realtà italiane che hanno fatto della tecnologia e della sostenibilità il loro punto di forza:
- La scarpa componibile di ACBC – L’idea alla base dell’azienda fondata nel 2015 da Giò Giacobbe ed Edoardo Iannuzzi, è quella di creare una scarpa componibile. I modelli sono modulari: una zip, infatti, unisce tomaia («skin») e suola. Garantendo funzionalità e alto livello di personalizzazione. La sostenibilità è uno degli elementi chiave del progetto. Infatti, il sistema permette di acquistare (e quindi di produrre) un numero inferiore di scarpe, riducendo l’impatto ambientale, e le suole si possono scomporre, smaltire (grazie a materiali biodegradabili) e riciclare. L’azienda, che a gennaio 2020 ha vinto lo smart contest di Wsm, ha avuto la prima spinta dal crowdfunding ma il boost più significativo è arrivato in seguito all’ingresso in società del fondatore di Triboo. Attualmente ACBC ha un fatturato di circa 4 milioni di euro e conta 40 negozi monomarca in Europa, Asia e Sud America, oltre a vendere online.
- Il marmo (anche di scarto) si fa tessuto con Fili Pari – Partendo dall’idea che il marmo è una pietra che rimanda al concetto di stile italiano, Francesca Pievani e Alice Zantedeschi, all’epoca laureande magistrali al Politecnico di Milano, hanno lavorato per sviluppare un microfilm creato con la polvere di marmo. Dalla tesi di laurea alla fondazione di Fili Pari, il passo è stato breve. Il materiale, Marm More, è un microfilm indossabile contenente vera polvere di marmo, che può essere accoppiato a qualsiasi tipo di tessuto e utilizzato come layer esterno del capo. La membrana è impermeabile, traspirante, antivento e resistente all’abrasione e coniuga performance tecniche a qualità estetiche. Il progetto è già stato premiato in più sedi (ha vinto, tra gli altri, il Premio Marzotto) e debutterà a breve anche a Premier Vision, la più importante fiera tessile francese, presentando una collezione in collaborazione con Limonta.
- Very important choice – Si chiama Vic, acronimo per «very important choice», il progetto avviato a fine 2017 da Sara Francesca Lisot e Mattia Gava che fa leva sulla sharing economy e coinvolge direttamente una serie di marchi green per promuovere un nuovo approccio alla fruizione della moda. Le utenti di Vic, infatti, possono selezionare una serie di capi (sostenibili e con una certificazione della produzione sul piano etico) e accessori, che spaziano dagli abiti alle collane, e “noleggiarli” per il tempo desiderato. La start up è stata selezionata nell’ambito della “Share on academy”, un acceleratore europeo dedicato alla sharing economy e ha avuto la menzione speciale «Paradigm shifting start up» al Wsm Fashion Reboot smart contest.
- La ricerca online può essere sostenibile – Tre italiani, una olandese (ma italiana d’adozione) e un motore di ricerca di prodotti di moda tarato in modo specifico sulla sostenibilità. Il progetto di Iris Skrami, Gabriele Trapani, Nicolò Tresoldi e Stefano Tacchi, basato ad Amsterdam, si chiama Renoon e punta a semplificare l’accesso alle informazioni online che riguardano prodotti “responsabili”. La ricerca può essere fatta inserendo una parola chiave nel motore oppure selezionando un brand. Il capo, poi, si può acquistare direttamente sulla piattaforma. La start up è già entrata nel radar di alcuni grandi brand: è stata selezionata da Prada, Marzotto Group ed altri partner di Startupbootcamp, per il programma di accelerazione startup FashionTech lanciato a Milano.