Daniela Ducato, «campionessa mondiale di innovazione, orgoglio della nostra Italia migliore» così la definì il Presidente Mattarella quando tre anni fa la nominò cavaliere della Repubblica, non è tipo che si culla sui successi. Passato e futuro, nuovi progetti sulle spalle della tradizione. È sempre stato così per Daniela Ducato. Ha iniziato con la lana di pecora, quella a pelo corto, uno scarto di lavorazione, un rifiuto difficile da smaltire e l’ha trasformata in un isolante termico per l’edilizia, ma anche in una straordinaria «spugna» per assorbire il petrolio nel mare. Dopo la lana, il sughero e poi la canapa e ancora le vinacce o le bucce di pomodoro. Cento sostanze da buttare diventate 120 biomateriali da impiegare in tanti settori.
La sua forza è nel mettere assieme idee ed energie. La sua filosofia è che va condiviso tutto, anche i fallimenti, perché l’errore può essere il punto di partenza perché altri trovino la soluzione corretta.
La sua azienda, la Edizero Architecture for Peace, inserita nel 2016 al Forum mondiale dell’Economia tra le dieci eccellenze nel campo delle biotecnologie, ha sede a Guspini, sud ovest della Sardegna, considerata l’area più povera d’Italia. Daniela Ducato racconta che nella zona industriale si sono dimenticati di fare le infrastrutture, le stanno costruendo a loro spese. La vera povertà è l’incapacità delle Istituzioni di ascoltare il territorio, l’assistenzialismo, lo spreco di risorse, la svalutazione dell’esistente.
Nel 2019 prenderà nuove strade perché innovare significa proprio questo, non rassegnarsi, dare valore a tutto quello che c’è. È l’unica forma di sopravvivenza, altrimenti non resta che emigrare.