L’idea, poi trasformata in una start up, è nata osservando quegli scarti delle risaie bresciane che rimanevano sui campi, destinati a essere bruciati, perché inadatti per l’alimentazione animale. Pensando alla paglia utilizzata in architettura Tiziana Monterisi e il compagno si sono chiesti: perché non provare anche con gli scarti del riso? Così da una semplice intuizione è nata una realtà imprenditoriale, oramai consolidata, la RiceHouse.
Il progetto prevede che gli scarti si trasformino in materiali per la bioedilizia adatti a tutti i tipi di costruzioni. Si tratta di un progetto ambizioso ma che sta facendo strada perché i sottoprodotti dell’agricoltura diventano un giacimento di energia pulita e rinnovabile. Grazie alla miscela di calce, colla e paglia i prodotti RiceHouse sono infatti molto leggeri, altamente termici, interamente naturali, traspiranti e sani. Si distinguono poi per la loro facilità di posa e sono indicati per tutte le tipologie di intervento, dalle ristrutturazioni alle nuove costruzioni.
La RiceHouse sta facendo incetta di riconoscimenti, vincendo il Good Energy Award nella categoria Real Estate, ha vinto il Premio Sviluppo Sostenibile 2018, concorrendo nella categoria Edilizia Sostenibile e vincitrice della ING Challenge 2018, iniziativa dedicata alla green economy come motore di innovazione e sviluppo. Ma i progetti della RiceHouse non si fermano e nel corso dell’edizione 2019 di Klimahouse (tenutasi a Bolzano a fine gennaio), ha presentato una linea completa di nuovi prodotti per l’architettura naturale che garantiscono un risparmio energetico e un ridotto impatto ambientale. Sono prodotti che nascono dalla collaborazione con Nordtex. In particolare si tratta di sei nuovi biocomposti, dal massetto alleggerito all’intonaco in argilla, dall’ecopittura al pannello di chiusura per isolamento, dalla lastra per rivestimento a secco di pareti e controsoffittatura al pannello di chiusura con funzione strutturale.
Le materie prime vengono prelevate dall’ambiente, trasformate, utilizzate, smaltite e re-immesse nell’ambiente stesso da cui sono state prelevate. E in alcuni casi, come dimostra il caso RiceHouse, la loro gestione diventa un’attività economica in grado di sostenere la filiera industriale e alimentare le esigenze di un mercato innovativo ed emergente.
Anche in questa storia di sostenibilità, l’elemento caratterizzante non sono solo i nuovi materiali per l’edilizia, ma la proposta di un nuovo modo etico e tecnologicamente avanzato di far tornare la casa ad essere un organismo vivente e inserito in un contesto di economia circolare.