Immaginate, una mattina, di non avere più la vostra auto per recarvi al lavoro. O di non avere i vostri biscotti preferiti per fare colazione. O ancora, di non avere acqua corrente in casa.
Si tratta di situazioni tra loro diversissime, ma che hanno un denominatore comune: sarebbero tutte reali se, di colpo, non esistessero più le fonderie.
È in queste imprese, infatti, che vengono prodotti componenti indispensabili per fabbricare le automobili, le macchine agricole necessarie a coltivare i campi per produrre cibo, o ancora pompe idrauliche, impianti eolici e idroelettrici, motori a reazione per gli aerei e molto altro ancora.
Il processo di fonderia è l’unico che permette di produrre in modo semplice ed energeticamente efficiente manufatti industriali (detti getti), portando a fusione i metalli, colandoli in forme di materiale refrattario o in stampi metallici e facendoli raffreddare in modo da far loro acquisire la forma desiderata. In Italia ci sono circa 1.000 fonderie (il nostro Paese è il secondo in Europa per produzione dopo la Germania), che impiegano quasi 30.000 persone e realizzano un fatturato pari a 7 miliardi di euro, con una forte vocazione all’export: il 64% dei ricavi deriva infatti dalle esportazioni.
Le fonderie, inoltre, rappresentano non solo un settore cruciale per la manifattura complessivamente intesa, ma anche un importante esempio di economia circolare, grazie alla natura stessa del loro processo produttivo che, da sempre, mette in pratica un meccanismo avanzato di circolarità: le fonderie e la loro tecnologia, infatti, fanno sì che buona parte dei materiali metallici giunti a “fine vita” possa essere riciclata e riutilizzata per realizzare nuovi prodotti.
Dal punto di vista delle performance di sostenibilità delle imprese, inoltre, il primo Rapporto di sostenibilità del comparto, realizzato da Assofond, l’associazione che rappresenta le fonderie italiane, riporta alcuni dati particolarmente significativi.
Innanzitutto, negli ultimi anni è costantemente cresciuta la percentuale di materiali di recupero utilizzata in sostituzione della materia prima vergine, che arriva oggi a toccare i due terzi del totale. Ciò significa da un lato ridurre, in un’ottica di valutazione del ciclo di vita integrato del prodotto, l’impatto ambientale dovuto all’estrazione, trasporto e lavorazione del minerale di ferro, dall’altro contribuire a smaltire un rifiuto che altrimenti rischierebbe di essere disperso nell’ambiente.
Anche gli scarti della produzione sono reimpiegati nel processo: il 95% delle terre esauste prodotte in fonderia viene riutilizzato come materia prima, in sostituzione di sabbie e terre provenienti da attività estrattive, e il 95% dell’acqua utilizzata per il raffreddamento degli impianti è riutilizzata all’interno delle stesse fonderie in appositi circuiti di recupero.
Un sistema perfettamente circolare, che rende le fonderie imprese “circolari” per definizione.