Lo scorso 8 settembre, la Commissione Europea ha pubblicato il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2022. Per ogni Paese membro è stata redatta una relazione specifica che analizza progressi e criticità su quattro aree tematiche: economia circolare e rifiuti; biodiversità e capitale naturale; inquinamento zero; azioni per il clima.
L’UE aveva indicato alcuni obiettivi per l’Italia al fine di attuare le policy ambientali europee, come ad esempio: efficientare la gestione dei rifiuti urbani riducendo le discariche e aumentando la raccolta differenziata nelle regioni meridionali; migliorare il trattamento delle acque reflue urbane aumentando gli investimenti negli impianti; ridurre il particolato (PM10 e PM2.5) e le emissioni di biossido di azoto (NO2) riducendo il traffico e la combustione di biomassa e, in generale, migliorare il sistema dei finanziamenti in ambito ambientale.
Il quadro per il nostro Paese presenta alcuni punti di forza ma ancora diversi elementi di criticità su cui è necessario un ulteriore sforzo. Dal report emerge che l’Italia presenta alcune best practice nelle politiche in materia di “contabilità ambientale, capitale naturale e indicatori di benessere” e nel monitoraggio e nella rendicontazione degli impatti ambientali nel bilancio nazionale (bilancio verde). Il punto su cui siamo ancora indietro riguarda il tema degli investimenti, ancora troppo bassi. Infatti, nel periodo 2014-2020, l’Italia ha finanziato le sue politiche ambientali con risorse pari allo 0,48% del PIL annuo. Si tratta di un dato inferiore alla media UE che si attesta sullo 0,7%. L’80% di questi investimenti proveniva da fonti nazionali. Invece, continuiamo ad essere sopra la media europea per il tasso di utilizzo di materiali secondari. Siamo passati dal 17,1% nel 2017 al 21,6% nel 2020. Siamo ben oltre la media europea che si attesta al 12,8. Bene anche la produttività delle risorse con 3,54 euro generati per chilogrammo di materiale consumato nel 2020 rispetto a 2,09 EUR/kg della media dei 27 Paesi membri.
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